Mi lasciai fluttuare sulle ali di quel che restava dei miei sogni. Tutto era distrutto. Tutto! Il mio castello era diventato aria e lui, lui… via, come un arcobaleno dopo la tempesta. Durato il tempo di mostrare i colori per poi svanire. Non avrei creduto mai che l’amore si potesse trasformare in piccole gocce di rabbia. Niente perle da regalare. Niente di niente. Solo queste scale, le scale della mia casa, ormai perduta. Avrei dovuto soltanto scendere e non girarmi più. Quando venni ad abitare qui avevo poco più di 5 anni. Una piccola bambina timida e scontrosa. In gran segreto uscivo per fare lunghe passeggiate nel giardino di mamma, poi lei morì e in quel giardino non ci sono più entrata. Il giorno della sua morte stavo a scuola, mi venne a prendere mio padre, mi disse che mamma se n’era andata, che era inutile aspettarla per la cena. Ci rimasi male, ma non perché lei era morta, sebbene non riuscissi a capire davvero cosa significava morire, era piuttosto per quella lunga attesa davanti alla torta senza di lei, ma dove stava? Dov’era andata a finire mia madre? Per giorni l’aspettai inutilmente e finii per credere che morire significava assentarsi senza motivo, prendere impegni e non mantenerli. Questo aveva fatto mia madre, aveva preso un impegno con me, ma non l’aveva mantenuto. Bugiarda di donna! Bugiarda come me che avevo venduto tutto. Il suo palazzo, i suoi gioielli e perfino i libri. Come cavolo avevo fatto a vendere la sua collezione di libri antichi. Così imparava. Perfida donna. Da quando ero rimasta sola avevo speso tutto ciò che fosse la mia eredità. Avevo vissuto da ricca e me ne stavo andando da povera. Ma sì, chi se ne frega! Inizierò da capo.
Castelli in aria
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