Ci sono delle storie che nascono da una foto. Un’unica e bella foto che ci porteremo per sempre nel cuore. Magari nessuno ce l’ha mai scattata… eppure è da quel momento che in noi qualcosa è cambiato… da quella foto rimasta chiusa nella macchina fotografica. L’idea di questo esercizio di scrittura creativa mi è venuta in mente mentre leggevo, e con molto piacere, L’Amante, di Marguerite Duras. Inizia proprio dal racconto di una foto non fatta il suo romanzo autobiografico. Lei la descrive così:
Durante quel viaggio l’immagine avrebbe potuto staccarsi, isolarsi, mettersi in evidenza. Sarebbe esistita se fosse stata scattata una fotografia, come altre immagini sono esistite in altre circostanze. Ma la foto non è stata fatta, la situazione era troppo insignificante per provocarla. Chi avrebbe potuto pensarci? Per fare quella foto bisognava prevedere l’importanza di quell’avvenimento, di quell’attraversamento del fiume, nella mia vita. Ebbene, mentre esso accadeva, la sua importanza era ignorata da tutti. Ecco perché questa immagine, e non poteva essere diversamente, non esiste. E’ stata omessa, dimenticata, non è stata prelevata, isolata messa in evidenza.
Alla foto non fatta deve la sua virtù, quella di rappresentare un assoluto, di esserne l’artefice
Da notare il suo stile diretto, senza fronzoli, ma intriso di poesia. Nella durezza di una vita difficile c’è il calore di parole dolci e amare allo stesso tempo. Perché è così che si descrive: a tratti un’amante innamorata, a tratti un amante insensibile. Invito tutti voi a leggere il libro e anche a vedere il film, bello, non c’è da dire, ma che non riesce a rievocare l’intensità emotiva di quella foto non scattata.
Adesso tocca a noi:
Qual è la foto che vorreste raccontare, che avete serbato nei vostri occhi per così tanto tempo e ora scalpita per uscire dalla vostra penna? Bene, mettiamoci all’opera.
Buona scrittura a tutti.
P.S. Questo è il mio racconto di una foto mai scattata.
Era un giorno di giugno, faceva caldo eppure quando scesi da quel bus pioveva. Piccole gocce che diventavano un mare in tempesta mi bagnavano il corpo, la mente, il cuore. Era come se giungessero a pulirmi. Entrando in me, sempre più in fondo. Mi sentivo come ci si sente quando per la prima volta si scopre il profumo della terra bagnata, una ninfa di bosco. La gente mi passava accanto incurante del mio volto gioioso e del desiderio nascosto di donna. Avevo un lembo di gonna fra le mani, non volevo si bagnasse ancora di più, e mi sentivo serenamente frivola, come una dama dell’ottocento. Camminavo sotto la pioggia, quel giorno di giugno, e ho scattato questa foto col mio cuore. Perché l’abbia fatto? Solo Dio lo sa, e forse un po’ anch’io, ma questa è tutta un’altra storia.
Sono affacciata al balcone in una luminosa giornata di primavera .L’infinito non e’ più’ un mistero.
Una ragazzina scalza e paffuta,con una sottile veste bianca,di quelle ricamate ai bordi,svolazzanti…impalpabili.
Lei corre di spalle su di un manto verde d’erba alta,alternando la corsa a quei saltelli infantili e spensierati.
I capelli ricci e sciolti si muovono a seconda dell’andatura….castani e voluminosi…
Non riesco a vedere il suo viso.
Lei mi sfugge ed io posso solo seguirla con lo sguardo.
Si ferma.
E’ lontana da me,ma posso sentirla respirare…
Lei guarda giù
Lei guarda dentro.
Guarda lo specchio d’acqua.
Lei guarda me.
Io guardo lei….
io vedo me, in quella foto mai scattata.
…il sogno non può essere fotografato, ma raccontato sì. Complimenti divoratricedilibri 😉
Non avrei potuto fotografare quel momento neanche se avessi voluto. Certo, potevo fotografare il mare, gli scogli, ma sarebbe stato un luogo come un altro. Non il luogo magico che resterà sempre dentro di me. E a rendere magica quella scogliera a strapiombo sul mare era starmene lì seduta sulle rocce infuocate dal sole di mezzogiorno, in perfetta solitudine, con un libro sulle mani e il vento tra i capelli. Il mare, tutto intorno, si infrangeva sugli scogli più in basso, e ogni onda si avvicinava di più, liberava schizzi di spuma e si ritirava scontrosa mormorando qualcosa. Ora sussurrava, gentile, ora si infuriava e ringhiava contro gli impassibili scogli. A volte mi chiedo se quella non fosse stata un’ altra dimensione. Così difficile da trovare, da raggiungere, così incontaminata, la mia scogliera è sospesa tra sogno e realtà. Si può fotografare un sogno? Non con una macchina fotografica. Appartiene a quell’ album segreto chiamato ricordi.